IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la presente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n.  4534/92  reg.  gen.  (n. 1514/92 reg. sez.) promossa dalle S.r.l.
 coop. Financial Improvement Cooperative, elett. dom. in  Torino,  via
 Assarotti, 9, presso il difensore avv. prof. Giuseppe Di Chio e Paolo
 Pautrie',   attore,   contro   fallimento   S.r.l.   coop.  Financial
 Improvement Cooperative, in persona del  curatore  fall.,  elett.  in
 Torino, corso G. Ferraris, 71, presso avv. A. Benessia, convenuto.
   Premesso  che  la S.r.l. coop. Financial Improvement Cooperative ha
 proposto opposizione avverso la  sentenza  dichiarativa  del  di  lei
 fallimento  pronunciata  da  questo  tribunale,  adducendo  di essere
 esente da tale procedura concorsuale e soggetta invece a liquidazione
 coatta amm. (ai sensi del d.-l. 5 giugno 1986, n. 233, convertito  in
 legge  1  agosto 1986, n. 430, nonche' ai sensi della legge 13 aprile
 1987, n. 148), avendo svolto attivita' di gestione fiduciaria; che si
 e'  costituito  in  giudizio  il  fallimento   convenuto,   eccependo
 l'inammissibilita'  della  domanda  e contestandone la fondatezza nel
 merito.
   Ritenuta allo  stato  la  non  accoglibilita'  delle  eccezioni  di
 inammissibilita', apparendo l'opposizione alla sentenza di fallimento
 l'unico  rituale rimedio per contestare la ricorrenza dei presupposti
 soggettivi di fallibilita', e non ravvisandosi  sussistere  in  fatto
 gli  estremi per il diverso rimedio della conversione di cui all'art.
 3 della legge n. 430/1986  cit.;  ritenuto  conseguentemente  che  la
 definizione della causa non puo' prescindere dall'esame del merito.
   Premesso, nel merito ed in fatto, che la societa' opponente risulta
 avere  svolto,  senza  autorizzazione  alcuna,  attivita' di gestione
 fiduciaria  di  investimenti,  ottenendo  dagli  investitori  (previa
 sottoscrizione  da  parte loro di quote di partecipazione sociale) la
 consegna  di  somme  con  il  mandato  fiduciario  ad  investirle  in
 operazioni  di  pronti  contro  termine  da  concludere  con societa'
 discrezionalmente eligende  dalla  stessa  societa'  mandataria,  con
 diritto  dell'investitore  ad  avere,  al  termine  dell'incarico, la
 restituzione   del   capitale   investito   incrementato   dell'utile
 realizzato nel periodo.
   Ritenuto in diritto quanto segue.
   La   sottoposizione  a  liquidazione  coatta,  con  esclusione  del
 fallimento, delle societa' svolgenti senza  autorizzazione  attivita'
 fiduciaria  (c.d.  fiduciarie  di  fatto)  trova  il  suo  fondamento
 nell'art. 3-bis della legge 13 aprile 1987, n. 148, secondo cui:  "le
 societa'  e  gli  enti  che,  senza essere autorizzati ai sensi della
 legge 23 novembre  1939,  n.  1966,  svolgono  attivita'  propria  di
 societa' fiduciaria sono posti previa contestazione degli addebiti in
 liquidazione  coatta  amministrativa  ai  sensi  degli  artt.  197  e
 seguenti del r.d. 16 marzo 1942, n. 267,  con  decreto  del  Ministro
 dell'industria,  commercio  e  artigianato;  la  liquidazione  coatta
 amministrativa e' altresi' disposta, con esclusione  del  fallimento,
 nel  caso  in  cui  venga  dichiarato  lo  stato  di insolvenza delle
 societa' ed enti predetti dalla autorita' giudiziaria competente". La
 norma si riferisce alla "attivita' propria di societa' fiduciaria"  e
 richiama  (per  individuare  il  tipo  di autorizzazione mancante) le
 previsioni della legge 23  novembre  1939,  n.  1966,  contenente  la
 disciplina delle societa' fiduciarie e di revisione.
   Senonche'  tale  categoria  di  societa' non esaurisce il possibile
 ambito delle gestioni fiduciarie come attivita' di impresa, rimanendo
 a parte l'attivita' svolta dai c.d. enti di gestione fiduciaria  gia'
 disciplinati  dall'art.  45 del d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449 (t.u.
 sulle assicurazioni private). Ed  infatti  l'art.  6,  ultimo  comma,
 della  citata  legge  n.  1966/1939  sulle  societa'  fiduciarie e di
 revisione eccettuava espressamente dalla materia ivi disciplinata  le
 disposizioni  del  r.d.-l. 26 ottobre 1933, n. 1598, il cui contenuto
 e' stato poi trasfuso appunto nell'art.  45  del  citato  t.u.  sulle
 assicurazioni private (d.P.R. 13 febbraio 1959, n. 449).
   Fino alla abrogazione del menzionato art. 45 (avvenuta con art.  1,
 legge  13  aprile  1987,  n.  148)  coesistevano  dunque due distinte
 tipologie: le societa' fiduciarie disciplinate dalla legge del  1939,
 nonche' gli enti di gestione fiduciaria previsti all'art. 45 del t.u.
 sulle  assicurazioni  private  del 1959. Il criterio distintivo tra i
 due  tipi,  ancorche'  controverso  in  dottrina  e  di  non  agevole
 delimitazione,  appare  consistere  nel  fatto che (come testualmente
 prevedeva  il  citato  art.  45)  gli  enti  di  gestione  fiduciaria
 corrispondono  utili  sulla  gestione  dei  beni  conferiti; in altre
 parole, mentre le societa' fiduciarie di  cui  alla  legge  del  1939
 forniscono   all'utente   un  servizio  (cosi'  come  l'attivita'  di
 revisione e  rappresentanza  in  assemblee,  congiuntamente  previste
 dalla  legge  citata)  e  dunque  maturano un corrispettivo a proprio
 favore, gli enti di gestione fiduciaria di cui al t.u.  assicurazioni
 private  remunerano  invece un investimento, si' che il corrispettivo
 pecuniario matura a favore dell'investitore. Cio' non  significa  che
 il  proprietario  di titoli fiduciariamente intestati ad una societa'
 di cui alla legge 1939, n. 1966 cit. non  maturi  diritto  ad  utili;
 questi pero' gli derivano (ancorche' tramite soggetto fiduciariamente
 interposto)  dallo  specifico  investimento  intestato  alla societa'
 fiduciaria; negli  enti  di  gestione  fiduciaria  ex  art.  45  t.u.
 assicurazioni   la   remunerazione  dell'investimento  matura  invece
 direttamente nei confronti del patrimonio dell'ente  gestore;  ne  e'
 riprova   la   circostanza  che  una  delle  forme  di  remunerazione
 dell'investimento, prevista all'art. 45 cit., puo'  consistere  nella
 erogazione  di  interessi  (come  tali  del  tutto indipendenti dalla
 maggiore  o  minore resa in favore dell'ente di gestione del capitale
 investito).     Come  conseguenza  indiretta  e   sintomo   di   tale
 bipartizione  e'  da  ritenere che gli enti di gestione fiduciaria, a
 differenza dalle societa' fiduciarie, godano di un mandato amplissimo
 e del tutto discrezionale  nell'impiego  delle  somme  conferite  dai
 fiducianti,   il  quale  ampio  mandato  si  pone  in  una  sorta  di
 corrispettivita' con la remunerazione dell'investimento a cui  l'ente
 di gestione e' tenuto.
   Tra  i due tipi di societa' non pare dunque ravvisabile un rapporto
 di  genere  (societa'  fiduciarie)  a  specie   (enti   di   gestione
 fiduciaria).     Se  cosi'  fosse,  la  specie  dovrebbe  logicamente
 presentare tutti gli  elementi  qualificanti  il  genere  piu'  altri
 aventi  funzione specializzante.   Al contrario, i requisiti previsti
 per le societa' fiduciarie in ordine alle qualita'  soggettive  degli
 amministratori,  sindaci  e  dipendenti  di concetto (art. 4 legge 23
 novembre 1939 cit.) sono piu' pregnanti di quelli gia' richiesti  per
 gli enti di gestione fiduciaria di cui all'art. 45 testo unico assic.
 citato,   che   rinviava  ai  requisiti  previsti  per  gli  enti  di
 capitalizzazione. Gli enti di gestione fiduciaria non possono  dunque
 concepirsi come sottocategoria delle societa' fiduciarie ex legge del
 1939,  poiche'  non  necessitano  dei  requisiti  previsti per queste
 ultime e non  sono  dunque  delle  societa'  fiduciarie  di  un  tipo
 particolare.  Le  societa' fiduciarie ex legge del 1939 e gli enti di
 gestione fiduciaria ex art. 45 testo unico  sono  percio'  coesistiti
 (fino alla abrogazione dell'art. 45 cit.) come due distinte categorie
 prive  di  interferenze  tra loro e ciascuna con il proprio ambito di
 estensione. Ne consegue che l'avvenuta abrogazione del detto art.  45
 testo  unico  (disposta  con  legge n. 148/1987) non puo' avere avuto
 l'effetto indiretto di dilatare l'ambito delle societa' fiduciarie  e
 di revisione espandendolo a quello degli enti di gestione fiduciaria.
 Cio'  neppure  e'  avvenuto  per effetto dell'art. 17 legge 2 gennaio
 1991  n.  1,  (legge  sulle  S.I.M.)  il  quale,  nel  dettare  norme
 transitorie   sulle   societa'   fiduciarie,   non  ha  certo  inteso
 resuscitare gli enti di gestione fiduciaria aboliti poco tempo  prima
 dalla citata legge n. 148/1987.
   Tanto  premesso,  l'art.  3-bis  della legge 13 aprile 1987 n. 148,
 sopra citato, nella sua testuale dizione, assoggettata a liquidazione
 coatta amm. (con esclusione del fallimento) le sole societa'  che  di
 fatto   (cioe'   senza   autorizzazione)   svolgano   una   attivita'
 corrispondente all'attivita' fiduciaria contemplata  dalla  legge  23
 novembre  1939  n.  1966,  sulle  societa' fiduciarie e di revisione.
 Rimangono percio' estranee alle previsioni del citato art.  3-bis  (e
 pertanto   soggette   a   fallimento)  quelle  iniziative  economiche
 svolgenti di fatto una attivita' corrispondente ai  cessati  enti  di
 gestione  fiduciaria ex art. 45 testo unico assicurazioni private. E'
 appena il caso di osservare che l'avvenuta scomparsa della  categoria
 degli  enti  di  gestione fiduciaria regolarmente autorizzati (stante
 l'abrogazione del citato art. 45 e stanti le disposizioni degli artt.
 2 segg. della menzionata  legge  n.  48/1987)  non  ha  avuto  alcuna
 incidenza  sulla  possibilita'  che,  di  fatto,  operino,  sia  pure
 abusivamente,  enti  e  societa'  le  quali  svolgano  una  attivita'
 corrispondente  a  quella  dei  cessati  enti di gestione fiduciaria.
 Trattasi in questo caso di  una  attivita'  sicuramente  commerciale,
 ancorche'   abusiva,   la  quale  rende  sottoponibile  a  fallimento
 l'impresa che la svolga, non rinvendosi una qualche norma che preveda
 per esse l'assoggettabilita' a liquidazione coatta amministrativa.
   A  questo  punto  appare  arbitraria  la diversita' di trattamento,
 implicitamente operata dal legislatore al  citato  art.  3-bis  della
 legge  n.  148/1987, tra societa' fiduciarie di fatto (sottoponibili,
 ai sensi della menzionata norma esclusivamente a liquidazione  coatta
 amministrativa)   ed   enti   di   gestione   fiduciaria   di   fatto
 (sottoponibili invece a fallimento). Piu' precisamente la  differenza
 di trattamento appare arbitraria ove si consideri che sul piano degli
 enti  di  diritto  (intendendosi per tali quelli la cui attivita' era
 autorizzata) sia le societa' fiduciarie  sia  gli  enti  di  gestione
 fiduciaria   sono   esenti   da  fallimento  e  sottoposti  invece  a
 liquidazione  coatta  (per  le   societa'   fiduciarie   regolarmente
 autorizzate  l'esenzione  da  fallimento e' prevista all'art. 1 della
 legge 1 agosto 1986 n. 430;  per  gli  enti  di  gestione  fiduciaria
 regolarmente autorizzati di cui all'art. 45 testo unico assicurazioni
 private  l'esenzione  da  fallimento  e' desumibile dal richiamo agli
 artt. 2 e 3 della legge n. 430/1986 contenuto nell'art.    4  secondo
 comma,  della  legge  n.  148/1987,  riferendosi appunto agli enti di
 gestione fiduciaria di cui al citato art. 45).
   Appare, insomma,  ravvisabile  una  ingiustificata  asimmetria  nel
 sistema istituito dal legislatore ordinario, per effetto della quale,
 nell'ambito   dell'attivita'   fiduciaria   in  genere,  le  societa'
 fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, sono soggette
 a liquidazione coatta con esclusione di fallimento  sia  che  operino
 con  autorizzazione  sia che operino di fatto, mentre per gli enti di
 gestione fiduciaria di  cui  all'abrogato  art.  45  testo  unico  13
 febbraio  1959,  n.  449, la sottoposizione a liquidazione coatta con
 esenzione da fallimento e'  circoscritta  ai  soli  enti  autorizzati
 essendo  invece  soggetti  a  fallimento quelli che operino di fatto.
 Tale disparita' di trattamento, per la  quale  non  pare  ravvisabile
 alcuna  razionale  giustificazione,  non  sembra  riconducibile ad un
 ambito di dicrezionalita' del legislatore ordinario,  bensi',  stante
 l'esatto  parallelismo  di  situazioni cui corrisponde una disciplina
 irrazionabilmente differente, potrebbe  essere  in  contrasto  con  i
 precetti  di  cui all'art. 3 Cost., nel senso piu' volte inteso dalla
 suprema Corte costituzionale.
   Non ritiene il tribunale che la segnalata ingiustificata asimmetria
 possa essere rimediata in sede di interpretazione della norma di  cui
 all'art.  3-bis  della  legge  n.  148/1987 cit. L'inequivoca dizione
 letterale di essa, richiamante le previsioni della legge del 1939, n.
 1966, non pare consentire  una  interpretazione  estensiva  volta  ad
 ampliarne la portata si' da ricomprendervi i diversi enti di gestione
 fiduciaria  di  cui  all'art.  45 del testo unico sulle assicurazioni
 private (la dizione "enti" che compare nella norma ex art. 3-bis cit.
 e' da riferire alle filiali o soccursali di societa' estere, previste
 all'art. 1, ultimo comma della legge n. 1966/1939 cit.,  e  non  agli
 enti  di cui all'art. 45 testo unico del 1959, non essendo tale legge
 oggetto di rinvio; ne' si potrebbe obiettare che  non  avrebbe  avuto
 senso il rinvio ad una norma gia' abrogata; l'abrogazione era infatti
 contestuale  e  contenuta  nella  medesima  legge  cui  appartiene la
 disposizione in esame; senza considerare  che,  muovendosi  l'ipotesi
 normativa  su  un  piano  di  fatto,  cioe'  di societa' abusivamente
 operanti, era irrilevante la perdurante vigenza ovvero non  dell'art.
 45  cit.).    Tanto  meno  sarebbe legittima una estensione analogica
 della norma citata, in modo da ricondurvi anche gli enti di  gestione
 fiduciaria  di  fatto:  i  casi  di  sottoposizione  di  un'impresa a
 liquidazione coatta con esclusione  da  fallimento  sono  infatti  da
 ritenersi  tassativi,  con  conseguente  carattere  eccezionale delle
 norme che li prevedono, come si  desume  dall'art.  2,  primo  comma,
 legge fall.
   Si  ritiene  pertanto  non manifestamente infondata la questione di
 legittimta'  costituzionale,  per  contrasto  con  l'art.  3   Cost.,
 dell'art.  3-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27 convertito
 con  modifiche  in  legge  13 aprile 1987, n. 148, nella parte in cui
 esso assoggetta a liquidazione coatta amministrativa  con  esclusione
 del  fallimento  le sole societa' che, senza autorizzazione, svolgano
 attivita'  corrispondente  alle  previsioni  di  cui  alla  legge  23
 novembre  1939,  n. 1966 (c.d.   fiduciarie di fatto) e non anche gli
 enti i quali,  parimenti  senza  autorizzazione,  svolgano  attivita'
 corrispondente  a  quella  degli  enti  di gestione fiduciaria di cui
 all'abrogato art. 45 testo unico 13 febbraio 1959, n. 148.
   In punto rilevanza della questione ai fini del decidere si  osserva
 che l'opponente S.r.l. coop. Financial Improvement Cooperative appare
 appunto  riconducibile  agli  enti non autorizzati svolgenti di fatto
 una attivita' corrispondente alle previsioni di cui all'art. 45 testo
 unico cit.; gli investitori non versavano  infatti  un  corrispettivo
 per  un servizio di intestazione o amministrazione fiduciaria, bensi'
 ricevevano (o avrebbero dovuto ricevere) una remunerazione  del  loro
 investimento sotto forma di attribuzione di utili, sulla gestione del
 quale  investimento  essi  non  avevano alcun potere di interferenza,
 essendo  lasciato  nella  piena   discrezionalita'   della   societa'
 Financial Improvement di scegliere le controparti con cui compiere le
 operazioni  speculative;  l'erogazione  degli  utili  in favore degli
 investitori era poi, di fatto, sganciata dagli effetti  profitti  (in
 realta'  perdite)  conseguenti alla reale gestione del denaro da essi
 versato; la societa' svolgeva inoltre, sia  pure  marginalmente,  una
 attivita'   di   remunerazione  degli  investimenti  sotto  forma  di
 interessi, attivita' quest'ultima  trovante  esatto  riscontro  nelle
 previsioni  dell'art.  45  testo unico cit. (terzo comma) e del tutto
 estranea invece all'ambito delle societa'  fiduciarie  ex  legge  del
 1939.   Di   conseguenza   la  societa'  attrice  dovrebbe  ritenersi
 assoggettabile a fallimento, alla  stregua  della  attuale  letterale
 dizione  dell'art.  3-bis  cit.;  dovrebbe invece essere sottoposta a
 liquidazione coatta (cosi'  accogliendosi  la  proposta  opposizione)
 qualora la suprema Corte costituzionale ritenesse fondata l'eccezione
 di illegittimita' costituzionale dell'articolo in esame.